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sabato 21 aprile 2012

Prof. Arch. Antonino Saggio, ARCHITETTURA E MODERNITA’ Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica - Carocci - Roma, Febbraio 2010.

LETTURA E ANALISI DI UN’ OPERA TRATTA DAL TESTO L'architettura in esame si trova a pag 230, fig. 219 (capitolo 18, Dal Basso. Continuità e tessuti urbani) ed è stata citata durante il corso nelle prime lezioni, in riferimento all’ analisi della parola ‘‘contesto’’. Genericamente, ci si riferisce a questo termine pensando al luogo inteso fisicamente ma, si scopre che il significato (in architettura) è più complesso della sola analisi fisica del luogo. Cercando, la parola sul vocabolario troviamo un significato in particolare come questo:
contèsto2 s. m. [dal lat. contextus -us «connessione, nesso», der. di contexÄ•re «contessere»]. – 1. letter. Intreccio, tessitura di fili o d’altro: in prezioso aureo contesto, Di color variato e di figure (T. Tasso); Franco ... disegnò e alzò sopra la terrazza un aereo c. di sottili aste e bastoncini di ferro che figuravan tre archi sormontati da una cupolina (Fogazzaro). 2. a. L’insieme delle varie parti che costituiscono un’espressione linguistica o formano uno scritto, un discorso, un’opera letteraria o poetica (o un brano più o meno ampio di questa), inteso come un tutto organico nel quale i singoli elementi hanno una propria funzione e un proprio significato: il c. di una frase, di un periodo; un c. di due terzine; suddividere un brano in c. significativi; il senso preciso della locuzione si capisce meglio dalla lettura dell’intero c. in cui si trova; staccata dal suo c., la parola può acquistare anche significato opposto; è questo lo spirito della legge, come si desume da tutto il suo contesto. b. La situazione in cui si svolge l’atto comunicativo; analogam., nella critica letteraria, la situazione interna al testo, il mondo da esso creato. In entrambi gli ambiti, il contesto corrisponde anche all’insieme di conoscenze, credenze, presupposizioni, condivise da chi fa e da chi riceve una comunicazione, che guidano la comprensione dell’atto comunicativo. 3. Per analogia: a. L’insieme degli elementi che nella loro organica sequenza e fusione compongono un discorso musicale, o un’opera d’arte figurativa: il tema del flauto s’inserisce con ritorni struggenti nel c. dell’adagio; l’equilibrio del c. architettonico della facciata è turbato dalle sculture dei portali successivamente aggiunte. b. In linguistica, c. fonematico, il susseguirsi dei fonemi in una frase; variante di contesto, variante di realizzazione di un fonema, sinon. di variante combinatoria. 4. fig. Complesso di circostanze o di fatti che costituiscono e caratterizzano una determinata situazione, nella quale un singolo avvenimento si colloca o dev’essere ricondotto per poterlo intendere, valutare o giustificare: la vita dei giovani nel loro c. familiare o sociale; la risonanza di un provvedimento monetario nel c. dell’economia europea; considerare i fatti nel loro c. storico.

Possiamo dire però, che il primo significato (di carattere puramente fenotipico) ne costituisce una sottocategoria. Dunque in architettura, per contesto  si intende un insieme di situazioni ed elementi che generano una nebulosa di punti di forza tra loro eterogenei ed intrinseci al caso di studio. Ad esempio: crisi, opportunità, difficoltà; questi sono elementi che possono essere collegati all’ interno di un contesto ed il rapporto che si istaura tra questi elementi, secondo me, è legato al caso, all’ intenzionalità dell’ uomo, alla natura e alla chimica dell’ avvenire. 


RIASSUNTO DEL CAPITOLO 18 : Siamo nello scenario legato agli anni del Big Bang (1957-1966), periodo in cui gli architetti decentrano la loro attenzione dalla proposta della macrostruttura, verso problematiche più fitte che caratterizzano lo sviluppo della società, del vivere, dei rapporti che intercorrono tra le persone e luoghi, uniti ai flussi dei traffici e al dialogo tra insediamenti antichi e nuovi spazi urbani. I propulsori del team X (un gruppo di architetti che rimase unito per trent' anni) : Peter e Alison Smithson reduci del brutalismo focalizzarono la loro attenzione sul rifiuto generazionale di metodo verso sistemi dottrinari e ideologici per dar luogo a studi sulla concretezza, sulle ipotesi e sull' oggettività del caso. Quindi, si entra in un'ottica in cui il fruitore dell'architettura non è più un numero, ma uno specifico individuo. Negli anni 60 si afferma la corrente filosofica dello Strutturalismo, che associa ai vari sistemi alcune possibili variazioni comportamentali e di pensiero. Questo rapporto tra regola e variazione trova uno sviluppo individuale e particolare nel gruppo Team X, ad esempio un grande urbanista italiano come Giancarlo de Carlo (sconparso nel 2005) manifesta un legame fondato sulla storia e l'orografia del sito, mentre invece Coderch compone l'architettura studiando la modularità persino nelle facciate, altri invece miravano alla ripetizione di moduli urbani o ancora prestando attenzione al clima o al fluire delle arti in architettura .Ad arricchire lo scenario sui fenomeni urbani intervengono anche i pensieri di urbanisti americani come Kevin Linch, che tramite interviste, studia cinque categorie (percorsi, immagini, quartieri, nodi, riferimenti). La vitalità della strada e la sua connettività costituiscono per Jane Jacobs quel punto di forza che demolisce le idee funzionaliste. Prende piede così (in questo ambito), la parola tessuto e low rise-high density. Negli Stati Uniti e in Europa si cerca (negli anni 60) di porre una critica al modello di case alte isolate e immerse nel verde. La risposta fu proprio quella della formula del low rise-high density, che limitò le altezze degli edifici al massimo di tre o quattro piani sopra terra al fine anche di ottenere le giuste densità fondiarie in base alle situazioni, utilizzando un sistema più compatto nel costruire. Quindi è la continuità la protagonista assoluta della progettazione planimetrica. Essa si materializza nello spazio interno ed esterno del complesso costituito da strade, piazze, entrate, punti di sosta che valorizzano il contesto e che si integrano perfettamente sia con esso sia con le regole che lo gestiscono. Quindi la forza della parola tessuto di realtà la parola chiave per procedere dal basso, formando delle trame per configurare lo spazio. Viene così abbandonata l'idea del terreno inteso come vassoio su cui porgere le proprie idee, o giustapporre i propri volumi, per dar sfogo all' interpretazione di una mappa modulata e costituita da tante parti che sono in dialogo tra loro secondo alcune regole che sussistono in una griglia. Questo elemento può subire delle variazioni, delle interpretazioni, svuotamento, aperture per creare una relazione è un dialogo con il territorio, le sfere interpersonali, la città storica, i percorsi, la casualità e così via.

Si possono citare a questo punto tre progetti rappresentanti questa nuova ottica: 

     1 - Il primo è l' Atelier 5 di Berna (Svizzera) 1955-61. In questo progetto che sorge a Thalmatt, lo spazio viene impiegato per servizi collettivi come ad esempio una piscina, sale, un ristorante e per case basse di tre piani dalla silhouette longilinea con una serie di ateliers ed una dotazione di spazi all'aperto. Avviene qui il ribaltamento del concetto di ''macchina per abitare'': notevolmente evidente nell' unità di abitazione marsigliese di Le Corbusier, che mostra una forte verticalità (elemento di contrapposizione netta verso questo caso, ma che trova la sua funzionalità e coerenza con i dettami del contesto in cui fu concepita). Si utilizza così il verde come strumento di separazione tra la sfera del pubblico e il privato, si creano patii interni, aggetti  e tetti verdi in cui si inseriscono blocchi disposti secondo un tessuto il quale genera sistemi di strade di vario tipo che si connettono al corso principale e alla piazza centrale. Siedlungen Halen è anche un esempio dimostrativo sullo studio dell'alloggio, delle sue dimensioni e delle sue scelte progettuali che rivolgono un interesse anche all' acustica e all'illuminazione naturale.



        2 - Come secondo progetto si cita l'opera di Louis Sauer, volta al recupero urbano di un quartiere antico come il Society Hill di Philadelphia. Siamo nel 1957, quando ormai si supera la ricostruzione degli edifici preesistenti così come erano e nei programmi ufficiali dell' amministrazione prende rilievo la tesi di Edmund Bacon (direttore della Planning Commission) che si avvale del recupero di manufatti storici e nello stesso tempo di nuove strutture residenziali che si adeguano alle maglie stradali, la morfologia e al carattere urbano delle strutture preesistenti. Proprio queste scelte valorizzano l'idea della low rise-high density. Il progetto di Louis Sauer : Penn’ s Landing Square di Filadelfia (1966 – 1970) rappresenta un esempio diretto del nuovo pensiero. L’architetto, proveniente dalla scuola di Filadelfia, muove alcuni passi nella scuola del Bauhaus per poi condurre una serie di studi su nuovi sistemi distributivi e insediativi. Tra i 14 interventi, di cui 10 realizzati, troviamo la pietra miliare che  ne rappresenta un buono sviluppo:  Penn’ s Landing Square. L’ intero isolato di 9.300 mq ospita su 4 livelli circa 450 abitanti per ettaro. Il perimetro esterno si fa continuo per dar luogo a variazioni spaziali interne ed ai livelli di scala di fruizione desiderati dei luoghi, ai parcheggi (situati nella parte più bassa dell' isolato ed interrati). L' idea geniale dell' architetto si manifesta nel modulo abitativo inteso come pacchetto che contiene più alloggi in verticale ed orizzontale, incorporando accessi autonomi da terra per ogni appartamento ad un piano, duplex e a volte triplex. Sia negli alloggi che nelle scelte planimetriche viene rivisitato il concetto di organizzazione ad L, determinando conseguentemente dei gruppi di case a grappolo inserite in sottosistemi spaziali e sociali di contorno.Si osserva in questo caso che, come Frank Loid Wright utilizza l' organizzazione ad L per avere un bagaglio di verde, privacy ed un rigore organizzativo per una casa inserita in un contesto a bassa densità nelle case ausoniane, il Sauer compie uno sforzo per inserire il suo pacchetto nel denso contesto della città storica nata dal disegno di William Penn. L'unità abitativa si fa variabile e adattabile continuamente e si configura in base alle esigenze di chi la pensa e la vive.


    3 - A paragone con questi due progetti possiamo porre una certa flessibilità, apertura ed informalità dell' empirismo scandinavo insiti nella personalità di Ralph Erskine, il quale con l' esempio di Clare Hall, mostra degli sviluppi sulla città-campus (il cui connotato particolare è rappresentato per me dal caratteristico rivestimento in mattone).Gli interventi, per quanto riguarda questo tipo di architettura assumono particolari aspetti che vengono interpretati dagli architetti inglesi, ma anche italiani (come nel caso dell' Università di Urbino di Giancarlo de Carlo) in vario modo. Uno dei casi di studio è proprio il campus di Cambridge: un college con vari servizi spazi collettivi e 20 alloggi di diverso taglio e destinazione d' utenza. Dal momento che il campus universitario è qualcosa di aperto e a contatto con l' esterno, si studiano i vari rapporti e soglie che si creano dal rapporto tra la collettività universitaria, sede universitaria, spazi pubblici, comunità urbana e la sfera del privato (insita soprattutto negli alloggi). Anche l' idea di Erskine si ammaglia al tessuto esistente ponendo perpendicolarmente alla griglia stradale le tre parti costituenti il college, le quali entrano in contatto con la comunità urbana ed universitaria. Nella graduale continuità degli spazi si genera una gerarchia di percorsi articolati in un tessuto paragonabile a quello dei borghi medievali, volgente ad una resa dei luoghi familiare ed informale. Entra in gioco grazie all'abilità del progettista anche la sospensione di strutture dinamiche ai corpi in muratura, mentre piccole terrazze ai piani superiori sovrastano giardini allungati invigoriti da colori ed essenze arboree.

















































A questo punto ecco il BANG (titolato SLIDIND BANG BLOCK, cioè BANG DI SCORRIMENTO BLOCCHI) di Louis di Sauer (in riferimento al progetto 2): questo modello interpretativo si fa strumento di risalto tra chiari modulari rispetto agli scuri modulari, che si intrecciano all' interno del "telaio". Avrei potuto considerare i pieni e i vuoti o ancora i semipieni i i semivuoti, insomma tutti aspetti che sono in contrapposizione e che si notano intessendo una trama. Già il fatto che abbia voluto utilizzato un polistirolo bicolore implica la presenza di un passaggio graduale e quasi impercettibile della tessitura e, ci fa pensare all' immagine raster zoommmata in photoshop. Come conseguenza di questa costituzione planimetrica, si possono intuire altre soluzioni e configurazioni spaziali differenti da quella data in base ad un approccio dualistico che è caratterizzato dalla contrapposizione. Resta comunque il fatto che per l'architetto Sauer, lo scorrimento , anzi lo slittamento è la chiave di lettura della ''griglia" planimetrica (in questo caso)...In questo progetto, Louis Sauer, interpreta in maniera magistrale il contesto e lo materializza in una fitta trama come può essere quella di un telaio. Ci rendiamo conto in tale caso, che grazie a questa intuizione si conquista una grossa regolarità, ordine, precisione e perfezione (a primo impatto), poi si paventa subito una configurazione spaziale ricercata, molto libera e consapevole che si adatta al suolo in base alle esigenze e alle caratteristiche oggettive del luogo. Insomma una vera e propria scacchiera studiata e fatta di pieni e vuoti, di chiari e scuri che passano gradualmente dalla sfera pubblica alla privata e che dialogano tra loro e col "contesto".

Penn’ s Landing Square di Philadelphia: modello interpretativo 1 (secondo la logica del telaio).

Dal disegno William Penn alla scacchiera di Sauer

Penn’ s Landing Square di Philadelphia: modello interpretativo 1 (secondo la logica del telaio).
I quadrelli 14/14 pieni, che rappresentano materialmente alloggi in 3 o 4 piani (incassati a L) in un blocco unico, possono muoversi per scorrimento parallelo e, con tale tecnica (che è una sottocategoria del movimento) è possibile controllare l'operazione di saturazione del tessuto urbano attraverso il verde dei patii ed il soleggiamento ad esempio. Questo processo di riempimento, che in architettura è comunemente chiamato in-fill, è una esemplare condizione che caratterizza le funzioni degli spazi interstiziali di riempimento, conferendogli grande qualità fruitiva e informalità. 

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