I CICLO - L'impatto dell'informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea / il WWW
Prima lezione: definizine di informazione (4 Marzo) Definizione 1 (INFORMAZIONE) - wikipedia
L'informazione
è ciò che, per un osservatore o un recettore posto in una situazione in cui si
hanno almeno due occorrenze possibili, supera un'incertezza e risolve
un'alternativa, cioè sostituisce il noto all'ignoto, il certo all'incerto. In
altre parole, essa riguarda il contesto in cui i dati sono raccolti, la loro
codifica in forma intelligibile ed in definitiva il significato attribuito a
tali dati.
Etimologia
La parola deriva dal sostantivo latino informatio(-nis)
(dal verbo informare, nel significato di "dare forma alla
mente", "disciplinare", "istruire",
"insegnare"). Già in latino la parola veniva usata per indicare un
"concetto" o un'"idea", ma non è chiaro se questa parola
possa avere influenzato lo sviluppo della parola informazione. Inoltre la parola greca corrispondente era "μορφή" (morfè,
da cui il latino forma per metatesi), oppure "εἶδος" (éidos,
da cui il latino idea), cioè "idea", "concetto" o
"forma", "immagine"; la seconda parola fu notoriamente
usata tecnicamente in ambito filosofico da Platone e Aristotele per indicare
l'identità ideale o essenza di qualcosa (vedi Teoria delle idee). Eidos
si può anche associare a "pensiero", "asserzione" o
"concetto".
Definizione 2 (SEMIOTICA) - wikipedia
La semiotica (dal termine greco σημεῖον semeion,
che significa "segno") è la disciplina che studia i segni e il modo in
cui questi formano un senso (significazione). Considerato che il segno è
in generale "qualcosa che rinvia a
qualcos'altro" (per i filosofi medievali "aliquid stat pro aliquo")
possiamo dire che la semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di
significazione e di comunicazione. Per significazione infatti si intende
ogni relazione
che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente
(la luce rossa del semaforo significa, o sta per, "stop"). Ogni volta
che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione si
attiva un processo di comunicazione (il semaforo è rosso e quindi arresto l'auto). Le relazioni di significazione definiscono il sistema che viene a essere presupposto dai concreti processi di comunicazione.
Cerchio, ovale, lettera o, punto, etc.
Modello complesso
A seguito di queste definizioni, proviamo a fare un piccolo lavoro di tipo
sperimentale. Prendiamo un foglio bianco e su di esso segniamo un puntino con
una matita o una penna. Che cosa è cambiato rispetto a prima? Ovviamente il
foglio prima era bianco e qualche istante dopo si è fatto un punto su di esso.
Domandiamoci per prima cosa: quanto è grande questo puntino? Posso rispondere
che (per definizione) il punto non ha dimensioni, non può essere suddiviso
(secondo la geometria Euclidea non ha parti) e quindi la domanda non è così
precisa anzi, crea un corto circuito. D'altro canto, prendendo una lente di
ingrandimento e, attraverso l'uso di alcuni strumenti, posso misurarne l'entità,
negando la prima ipotesi. Queste due risposte sono tra di loro contraddittorie,
ovviamente. Questo corto circuito ha un certo interesse per noi. Ma poniamoci
un'altra domanda. Come lo chiamiamo il punto? Decidiamo di chiamarlo dato e diamogli la seguente definizione:
"chiamo dato ilminimo elemento di
modifica di una situazione precedente". Immaginiamo di aver disegnato un piccolo
ovale o un cerchio al posto di quel puntino. Poniamo anche per questo ovale (o
cerchio) la stessa domanda di prima: che cosa è. Potrebbe essere un cerchio,
oppure il numero "0", la lettera "o", un insieme di
"puntini che definiscono un cerchio", etc. Qual'é la differenza tra
il creare l'entità (l'atto di disegnare) e darle successivamente un nome
identificativo? Nell'attimo che diciamo che è un cerchio, abbiamo fatto un
salto cognitivo importante: abbiamo trasformato quel dato in informazione. Alla luce di questo,
possiamo dedurre che l'informazione è infinita. Nell'attimo in cui applichiamo
al dato un briciolo di informazione, abbiamo operato una trasformazione
soggetta a molteplici convenzioni (di fatto infinite). Il fatto di applicare
una convenzione ad un dato (ad esempio quella geometrica, alfabetica o altro),
dipende da molte motivazioni di diverso tipo. Quindi possiamo operare la
seguente definizione: l'informazione è l'applicazione di una convenzione ad un
dato. Quindi il dato è una modifica di una determinata condizione di partenza.
Ma allo stesso dato io posso applicate (come si è evinto) infinite convenzioni!
La questione si fa interessante, perché ne discende il quarto postulato di questo
ragionamento. Ma che cosa ha a che fare l'informatica con
questo ragionamento. Anzitutto in informatica non esistono dati, ma solo
informazioni, ecco il nodo della questione. In informatica è tutto formalizzato
all'interno di alcune convenzioni, quindi non si danno dati puri, ma interpretazionii
convenzionali dei dati, dunque informazioni. Il mondo informatico è un mondo
già formalizzato in partenza. Quindi, la domanda che cos'è (in riferimento
all'oggetto del foglio) non è concepibile, perché in questo campo sappiamo in
partenza entro quale sistema convenzionale ci muoviamo. Come quarto postulato quindi,
si conclude che in informatica non esistono dati, ma solo e sempre
informazioni, o meglio, per la precisione, in informatica esiste un dato (la
corrente elettrica) che si verifica in due condizioni: o c'è (aperto, acceso,
on, I) o non c'è (chiuso, spento, off, O) e sulla base di questa logica binaria
si costruisce tutto il formalismo informatico, che organizza un insieme di
regole sul fatto dell'esistenza o meno di questo dato. Una volta stabilito se
c'è o non c'è elettricità, che è l'unico dato o non dato, si costruisce
l'information tecnology in relazione alle informazioni. Quindi in computer deve
necessariamente sapere se quel famoso puntino sul foglio è la lettera
"o", il numero "0", un sistema bitmap, etc. Non può
assolutamente non saperlo. Da questo, avviene uno sviluppo importante: quello
del quinto postulato: se in informatica non esistono dati, ma solo
informazioni, allora l'informatica è tutto in-formazione (cioè divenire in
ambito elettronico). Quindi non esistono dati in quanto tali, eccetto la
corrente, e la caratteristica peculiare del mondo informatico è la sua insita
dinamicità nel divenire. Per definizione, l'informazione è una massa fluida che
deve ancora prendere forma. Dall'etimologia di wikipedia (riportata sopra) della
parola informazione, si scopre che informare significa "modellare secondo
una forma". Se ciò si da per assunto, capiamo che da ciò deriva un
enunciato decisivo: " se in informatica è tutto informazione, il prendere
forma, si definisce modellazione e si esplica nella creazione di modelli".
Quindi, dell'informazione (intesa come applicazione dell'informazione ad una
dato), la caratteristica principale è quella che essa deve essere modellata per
forme col fine di assumere livelli differenti, spesso superiori. Per modello, non si
intende l'idea del plastico o dell'esemplare perfetto da copiare, ma un tipo di
modello di definizione matematica, fisica, statistica, economica. Si tratta
quindi di un insieme di variabili relazionate in equazioni che simulano il
comportamento di una intenzionalità (progettuale nel caso dell'architettura),
che si intende perseguire all'interno del gioco e del cosiddetto dinamismo
informatico che può e deve essere di varia natura. In poche parole, le
variabili presenti in un modello sono soggette ad interrogazioni, verifiche,
cambiamento di parametri, e così via, spesso sotto la domanda: che cosa succede
se cambio questo o quell'altro? Un progetto tende a funzionare come un insieme
di equazioni che rappresentano delle specifiche sottoaree di progetto. Non si
progettano forme definite, ma famiglie di forme possibili e variabili
entro alcuni parametri, che sostituiscono
alla geometria di assoluti Euclidei, famiglie topologiche anche molto complesse. Tutto questo ragionamento parte dalla
differenza tra dato ed informazione, quindi bisogna distinguere bene i due
termini. Da questa differenza, abbiamo costruito un sistema che avrà delle
conseguenze (progettuali soprattutto) in una evoluzione successiva. Per la
generazione degli architetti di oggi, l'informazione diventa quindi la materia
prima di nuovi ragionamenti spaziali sotto l'influenza di una cassetta degli
attrezzi in espansione (strumentazioni avanzate), non più il mattone. Per noi
l'informatica rappresenta quindi una sfida e in qualche maniera una crisi.
Seconda lezione: informazione, diffusione
/economia(4 Marzo)
Il quadro
Alvin Toffler (New York, 3 ottobre 1928) è uno scrittore statunitense e "futurologo" (come egli stesso si
definisce), che da anni studia i mezzi di
comunicazione e il loro impatto sulla compagine sociale e il mondo della cultura.
Alvin Toffler è considerato da Accenture (una
multinazionale di consulenza di direzione, servizi tecnologici e
outsourcing con sede a Dublino) la terza
più importante voce fra i business leaders, subito dopo Bill Gates e
Peter Drucker.
In “The third wave”, Toffler disegna la storia dei media scandendola in tre "ondate": old, mass e new media.
La prima ondata è quella dei mezzi di comunicazione
chirografici o
old media. Essi sono fondamentalmente la scrittura e la stampa. È
attraverso questi mezzi che l'uomo trovò il sistema per comunicare a
distanza. La scrittura venne inventata nel terzo millennio a.C. per
conservare nel tempo le informazioni e inviarle a destinatari distanti
nello spazio.
Anche se passano molti secoli tra la scrittura e la stampa e molti
studiosi parlano di "rivoluzione della stampa" e inizio con essa di una
nuova era, i due mezzi rientrano secondo Toffler nella stessa ondata. La
stampa (inventata in occidente nel XVI secolo da Gutemberg, sebbene in
oriente fosse già nota) non fa altro che rendere più semplice la
riproduzione del messaggio sul materiale scrittorio. Con la stampa
quindi l'unica innovazione è che il numero di testi scritti aumenta
notevolmente, favorendo la circolazione dell'informazione e la
diffusione del sapere. Si modifica cioè il volume della comunicazione,
ma il modo di comunicare a distanza resta fondamentalmente lo stesso. La
seconda ondata dei media è quella dei mezzi di comunicazione di
massa o mass–media. Con la rivoluzione industriale le esigenze di
comunicare a distanza in tempi veloci incentivarono la ricerca nel
settore della tecnologia della comunicazione: si susseguirono così una
serie di scoperte che in poco tempo rivoluzionarono i modi di
comunicare. Furono inventati tra fine Ottocento e metà Novecento
telegrafo, radio, telefono, cinema, televisione. Questi mezzi di
comunicazione consentivano di inviare lo stesso messaggio a un numero
elevato di destinatari contemporaneamente e per questo sono denominati
mezzi comunicazione di massa.
Le conseguenze dei mass-media sul mondo della cultura furono dunque
di grande rilievo: mentre in precedenza l'accesso alle informazioni e al
sapere era limitato e riservato solo alle élite, ora fu possibile un
accesso di massa.
I mass media consentivano inoltre di comunicare a distanza spaziale
in tempo reale. Mentre con gli old media per inviare un messaggio a
molti chilometri di distanza bisognava attendere tempi lunghi, con i
mass-media il destinatario riceve il messaggio nello stesso momento in
cui viene emesso, anche se è molto distante, proprio come se la
comunicazione avvenisse a distanza zero. La percezione dello spazio si
modifica e distanze un tempo percepite come enormi non sembrano così
insormontabili: la Terra diventa, secondo una famosa espressione di
McLuhan, un "villaggio globale", un'unica compagine in cui tutti sono
collegati da una rete di comunicazione. Il processo di trasformazione
innescato dai mass-media ha raggiunto
il suo acme, secondo Toffler, con la terza ondata, alla fine del secondo
millennio, con l'avvento dei cosiddetti self-media (cellulare,
internet. DVD, satellitare, virtual reality). Questi nuovi mezzi di
comunicazione consentono un uso più personale e autonomo del media: i
mass media inviavano messaggi alle masse, ma i mittenti erano
relativamente esigui. Con i self media la comunicazione torna ad essere
principalmente "uno ad uno", ma praticamente tutti vi hanno accesso sia
come destinatari che come mittenti.
Le tecnologie vengono intrecciate tra di loro per cui si diffonde
sempre di più la multimedialità. Il termine multimediale indica che
nello stesso messaggio sono contenute e veicolate contemporaneamente
informazioni formulate in più codici (sonoro, verbale scritto e orale,
iconico, mimico gestuale).
La terza ondata dei media ha portato alle estreme conseguenze il
processo che si era attivato già nell'ondata precedente. L'abbattimento
delle barriere spazio-temporali è completo: si può comunicare ovunque
con chiunque.
La Terza ondataInformazione. Che tipo di definizione passiamo dare a
questa parola? Nell'ambito di nostra competenza, ci muoviamo a partire da un
punto di vista economico/sociologico. Questo approccio nasce da un sentire
comune che spesso ricorre nella definizione della società attuale. E' stato
teorizzato (nel contesto economico e sociale in cui viviamo) che oggi siamo
catapultati nella società
dell'informazione. Che spessore ha tale definizione e cosa si intende dire?
Gli scritti di Alvin Toffler (sociologo) ci possono aiutare a capire meglio
tutto questo. Nel 1980 viene pubblicato negli USA un suo libro:"The thir wave" (La terza ondata). La definizione di questo titolo mise chiaramente
a fuoco alcuni fatti su che cosa è la società dell'informazione e come si
orgazizza. Che cosa sostiene Toffler? Egli innesta un ragionamento che raffigura la seguente tesi: si è
verificato nel tempo un susseguirsi di ondate (fasi durate anche centinaia di
anni) che hanno influenzato la storia dell'umanità. La prima ondata si è
consumata fino alla fine del 1700 ed è caratterizzata principalmente dalla presenza del bene agricolo,
attorno al quale si crea il valore. Quindi il valore è legato al bene primario
agricolo e, di conseguenza, la società si struttura ruotando attorno a questo
bene sotto vari aspetti. Dopo di che all'inizio dell'800 (momento chiave del salto tecnologico
legato all'invenzione della macchina a vapore volta alla produzione di energia)
si determina e si afferma la società industriale (seconda ondata). Toffler
sostiene ad un certo punto che il legame con l'industria viene investito da una
terza ondata (quella attuale), che rappresenta la società dell'informazione.
Per capire meglio questo processo, si fa riferimento ad un bene che sia un
prodotto della terra: la cipolla.
Oggi consumiamo questo bene primario allo stesso modo in cui
lo consumavo qualche migliaio di anni fa o in epoca industriale. Osserviamo la
cipolla nei tre ambiti storici teorizzati dal sociologo americano: agricolo,
industriale e dell' informazione. Se suddividiamo il valore di questo ortaggio
in un corpo fatto di tre componenti: bene terra, tecnologia,
informazione; si scopre che in epoca agricola, queste percentuali erano
contenute rispettivamente (ad esempio) con quote del 95%, 3%, e 2%. Ma in che
senso dentro la melanzana o la cipolla, è contenuto (ad esempio) il bene
informativo? Non a caso, bisogna sapere come conservare il seme, quando
seminarla, le calorie contenute, etc. Mentre in ambito tecnologico o
indistriale, vuol dire analizzare quelle componenti che fanno riferimento alla
coltivazione e produzione: zappare, irrigare, canalizzare e reperire l'acqua,
ottimizzare la resa del prodotto e della manodopera, altro. Se consideriamo
questo prodotto in epoca industriale, per la stessa identica cipolla, le
percentuali variano andando a configurarsi come rispettivamenteil 70% in quota agricola, il 20% in quota
industriale, il 10% nella quota dell'informazione. Se andiamo ancora avanti in epoca
informatica, scopriamo che nell'ambito di questo bene primario, le
percentuali cambiano (sempre per ipotesi) nuovamente: 30% per il valore legato
alla terra, 30% per il valore meccanico o industriale, infine il 40% legato al
valore informativo. Questo ultimo incremento di valore percentuale spiega che
se non si è all'interno di una rete informativa, oggi non si vende neanche più
una cipolla. Tale ragionamento è facilmente associabile a molti beni primari di
vasta produzione e, vuol dire che oggi esistono esperti qualificati, dei
cataloghi ben definiti sulle specie animali e vegetali ed il lato della
qualità, oppure ci sono studi sulle preferenze dei consumatori e sulle fasce
economiche di reddito che influenzano la domanda e l'offerta, che esiste una
rete commerciale georeferenziata e degli studi di immagine legati al prodotto
come i loghi marchi. Questo fenomeno non è casuale e non è direttamente legato
ai beni di natura informatica, ma riguarda da vicino anche la creazione di
valore in campo architettonico, cioè l'ambito in cui il valore informativo
sottende una mole significativa. Insomma, queste percentuali rappresentano una
risorsa per eccellenza, ossia dei numeri che sono associabili al numero di
"addetti ai lavori", cioè una cerchia definita di persone della
nostra società. Il lavoro informativo è svolto da uomini e ricopre sempre più
delle percentuali alte al giorno d'oggi, mentre nella società agricola ad
esempio, la maggioranza delle persone è stata dedita quasi esclusivamente al
lavoro della terra.Perché Toffler divide queste percentuali anche con una certa
precisione temporale? La risposta è la seguente: per la prima volta negli USA,
la quantità di popolazione che si trova nel terziario o mondo
dell'informazione, supera di una unità il mondo primario e secondario sommati
assieme. L'epoca informatica nasce nel 1956. Infatti, da quell'anno,
il 51% della popolazione comincia ad essere investita dalla creazione dell'informazione
e il 49% di essa dai beni primari. Se interpretiamo questo stesso fenomeno
oggi, queste percentuali hanno subito un esponenziale accrescita in aliquota
per tutti i tipi di beni (primari e secondari), soprattutto nelle aree
metropolitane.
Henry Ford ed il suo successo: la Ford T
La
maggioranza delle persone osserva che Henry Ford ha inventato la catena di montaggio. La cosa è solo parzialmente vera, la catena di montaggio è una conseguenza di una ben più grande innovazione: la standardizzazione delle e dimensionale permanente: veniva fuso e
lavorato per esempio il monoblocco e poi venivano realizzati i cilindri delle
dimensioni delle loro sedi, non sempre uguali.
Il problema era che l'automobile
doveva essere costruita via via e che in caso di guasto non esisteva la
possibilitàdi prendere un pezzo di ricambio. Si doveva costruire il pezzo
della dimensione adatta con tempi e costi molto alti.L'idea di Ford fu quella
di disegnare le parti con misure standard e di realizzarle così tutte uguali in
modo che fossero tra loro intercambiabili.Il fatto che un pistone non
fosse fatto per quel cilindro,
ma che in generale si poteva usare in ogni motore dello stesso tipo rese
possibile la realizzazione della catena di montaggio. In questi ultimi tempi ho avuto occasione
di guardare con una certa profondità sistemi gestionali anche di grandi
dimensioni e non posso non pensare che se
gli architetti di sistema si ispirasseroun po' di più a Ford le cose
potrebbero andare molto meglio. La cosa è bizzarra perché la grande idea
alla base della rete e del suo successo è proprio quella della
standardizzazione, ma la cosa non ha preso piede in molte altre situazioni.
Il valore
La macchina per eccellenza è l'automobile. La
rivediamo secondo l'epoca industriale (1925), da un canto e, quella di oggi,
dall'altro. Secondo l'epoca industriale il bene primario (terra o agricolo) è
contenuto in una bassa percentuale, quello tecnologico-industriale è altissimo
(potremmo parlare dell'80% circa), infine il 15% potrebbe essere rappresentato
dal valore informativo (ad esempio il design, la pubblicizzazione, la
conoscienza, etc). Se studiamo la stessa automobile oggi, scopriamo che il bene
terra è ancora più diminuito e così il suolo necessario per la produzione
(quindi le fabbriche) diminuisce pure notevolmente, la forza lavoro è stata
sostituita dai robot (sono state ottimizzate le multifunzionalità
nell'automazione), mentre il bene meccanico-tecnologico dall'80% è scalato al
30%. Il restante 65% lo assorbe solo il mondo dell'informazione che è catturato
dentro il prodotto automobile. Dopo di che ci si domanda: ma oggi l'automobile
fa la stessa cosa del 1925, ossia trasportare gli individui e le cose da un
posto all'altro? Sicuramente no. Oggi, otre al suo funzionamento, l'automobile
propone il suo esistere sotto molteplici aspetti che si concretizzano in uno
standard (prodotto duplicabile ed unico ) che accomuna od omologa una
determinata cerchia di individui, sia essa vasta o meno. Il genio
dell'automobile (Henry Ford) usò la famosa definizione: Ogni cliente può
ottenere un'auto colorata di qualunque colore desideri, purché sia nero".
La logica industriale è quindi basata sul proporre un vero standard, infatti
egli creò il famoso modello della "Ford T", vale a dire il simbolo
dell'urbanizzazione americana degli anni '20. Se ci poniamo l'interrogativo sul
ruolo dell'automobile ad oggi, non potremmo mai rispondere "essa esiste in
quanto funziona", perché questo si da semplicemente per scontato. Le prime
T del 1923,erano prototipi della quale erano composti per più del 60% da
materiali derivati dalla cannabis sativa; persino le case erano costruite
inbuona parte con prodotti derivati dalla cannabis (vernici, colle, mattoni
rivestimenti). Una volta il suo ultimo destino era di tipo puramente funzionale.
Oggi, da questo prodotto industriale chiamato auto, ci si aspetta una gamma di
altre qualità legate alla comunicazione e alla creazione di valore attraverso
la quota percentuale espressa dall'informazione e la comunicazione. Questi
ragionamenti nascono dalla logica economica in cui la società agisce. Oggi si
può personalizzare questo prodotto a livelli estremi rendendolo fortemente
unico nelle componenti , gli accessori, l'etica, l'estetica, etc. Di fatto,
estremizzando il concetto al giorno d'oggi, muovere un robot per effettuare
sempre lo stesso movimento o muovere lo stesso robot per movimenti diversi,
costa lo stesso.
Storia e tecnologia
Il manifesto della Model T
Lo stabilimento di Piquette non poteva far fronte alla
domanda. Infatti furono solo 11 le vetture che uscirono da questa fabbrica nel
primo mese di produzione. Nel 1910, dopo che la produzione di Model T aveva
ormai raggiunto le 12.000 unità, la produzione venne spostata nel nuovo
complesso di Highland Park. La Model T fu la prima vettura prodotta in
grandissima serie utilizzando la catena di montaggio, la costruzione con parti
intercambiabili che venne proposta alla classe media. La
rivoluzionaria vettura era dotata di un motore 4 cilindri in linea di
2893 cm³ di cilindrata, con alesaggio e corsa rispettivamente di 95,2 mm
(3,75 pollici) e 101,6 mm (4 pollici). La potenza erogata era di 20 hp
(15 kW). La trazione era posteriore e il cambio era un epicicloidale a 2 velocità + retromarcia. Questo tipo di cambio
era per allora (1908) rivoluzionario, poiché permetteva il passaggio
dalla prima alla seconda marcia senza l'uso della frizione.
Le frizioni di allora erano infatti assai poco funzionali. La
lubrificazione del
motore era a sbattimento attivato dal volano che
aveva anche la funzione di centrifugare l'olio, il quale lubrificava
anche il cambio. I freni erano a tamburo sulle sole ruote posteriori,
con comando meccanico e a nastro, con comando a pedale, sulla
trasmissione. Il radiatore per il raffreddamento era sprovvisto di pompa
di circolazione, sfruttava la circolazione a termosifone. Visto il
periodo storico era previsto che la circolazione avvenisse perlopiù
sulle piste utilizzate dalle carrozze a cavallo dell'epoca, la
carreggiata dell'auto di 1422 mm venne calcolata di conseguenza. Il
telaio era in longheroni di acciaio al vanadio, con sospensioni
molto semplificate con una singola balestra trasversale, sia
all'avantreno che al retrotreno. La strumentazione era molto povera,
c'era infatti il solo amperometro. L'avviamento era affidato alla
classica manovella dell'epoca, quello elettrico arrivò come optional
solo nel 1919, mentre diventò di serie dal 1922. Le ruote erano
provviste di raggi rigorosamente in legno per far sì che potessero
essere facilmente riparate anche dagli stessi artigiani che riparavano
quelle delle carrozze. I primi progetti prevedevano anche la possibilità
di un propulsore alimentato a etanolo di canapa ma ben presto l'idea
venne accantonata sia a causa del proibizionismo
sia a causa della discesa dei prezzi del petrolio. La crisi petrolifera
(che privilegiò la quantità alla qualità) portò ad un abbassamento del
rapporto di compressione dagli originali 4,5:1 a 4,2:1 nel 1917, infine a
3,98:1 dal 1919 in poi, causando una perdita di potenza di 2 cv (si
passò da 22 a 20). Il motore era dotato di un albero con tre cuscinetti e
di valvole laterali. La velocità massima era di 72 km/h. Recenti prove
hanno accreditato la Model T di un consumo di circa 40 - 48 km con un
gallone (ca. 3,80 litri) di benzina
(ovvero circa 10,5 - 12,6 km\litro ). L'alimentazione era a carburatore
al quale la benzina giungeva per gravità dal serbatoio posizionato,
fino al 1925, sotto al sedile anteriore, poi, come sulla futura model A,
dietro il cruscotto.
Il supermercato
L'atto della consegna della tessera.
I processi di informatizzazione sono dei
processi di soggettivazione legati al mondo dell'informazione. Un atto che
rappresenta questa situazione, in maniera più o meno conscia per noi, è la
classica scena del supermercato. Per la precisione, il momento cruciale è
quando si arriva alla cassa e la cassiera o il cassiere chiede a tutti i
clienti: "hai la tessera?". La tessera è così importante perché è
legata ad una serie di informazioni. La caratteristica principale del prodotto
è il codice a barre, in quanto esso fornisce la quantità dello specifico
prodotto venduta giornalmente, fornisce il nominativo dell'acquirente (se
tesserato), le preferenze dei consumatori nella varietà di prodotti dello
stesso costo o specie. Grazie a questo meccanismo, l'approvigionamento della merce (soprattutto quella che
va a male in breve tempo), viene fatto quasi con ricorrenza periodica per
evitare gli accumuni di scorte. Tale processo di ordine del prodotto, viene
ottimizzato monitorando al meglio la domanda in base al prodotto da acquistare,
conservare o immettere direttamente sul mercato, e vendere alla gamma dei
consumatori. Dal momento che chi è possessore di una qualsiasi tessera è
associabile ad una determinata fascia di utenti, l'azienda o il supermercato,
tende a conosce e studiare i gusti, il sesso, età, le preferenze e molte altre
cose in riferimento ad una specifica persona. Alla fine ci rendiamo conto che
questo gioco informativo è quello che crea incremento determinante in molti
campi nel contesto della condizione economica e sociale attuale. Quindi,
operare nell'information tecnology, aiuta a lavorare meglio e a muoversi in
campi più propulsivi e spesso di successo.
Il para-Google
Definizione (GOOGLE) - wikipedia
Google Search (in inglese /ˈguːg(ə)l/[ˈguːgɫ], in italiano anche modificato in /ˈgugol/)
è un motore di ricerca per Internet fondato il 27 settembre 1997.
Successivamente venne creata l'omonima azienda il 4 settembre 1998.
Oltre a catalogare e indicizzare il World Wide Web si occupa anche di
foto, newsgroup, notizie, mappe, mail, shopping, traduzioni, video e
programmi creati appositamente da Google. È il sito più visitato del mondo, il primo negli USA, talmente popolare che in inglese è nato il verbo transitivo "to google", col significato di "fare una ricerca sul web"; con lo stesso significato, in tedesco è nato il verbo "googeln" e in italiano è nato il verbo "googlare". Una particolarità di Google è quella che in
determinate date il
caratteristico logo cambia, a celebrare l'avvenimento avvenuto quel
determinato giorno. Il logo in questo caso viene chiamato doodle. A
volte può essere un'immagine animata o interattiva realizzata con la
tecnologia HTML 5.
Etimologia
I due fondatori, Page e Brin, cercavano un nome che potesse
rappresentare la capacità di organizzare l'immensa quantità di
informazioni disponibili sul Web; avevano bisogno di un'iperbole. Utilizzarono un nome già esistente: Googol, termine coniato dal nipote del matematico statunitense Edward Kasner nel 1938,
per riferirsi al numero rappresentato da 1 seguito da 100 zeri. A Page e
Brin sembrò perfetto come metafora della vastità del web. I due
fondatori avevano intenzione di chiamare il neonato motore di ricerca
proprio Googol,
ma al momento di pubblicare il loro search engine questo dominio era
già stato assegnato, perciò Page e Brin furono costretti ad optare per
la parola Google (quella che tutti oggi conosciamo). Il termine viene inoltre associato con un doppio gioco di parole in inglese, a goggle:
goggles binocolo, appunto perché il motore permette di esplorare la rete fino a "guardarla da vicino".
to goggle strabuzzare gli occhi, in senso di sorpresa per quanto si riesce a trovare.
Antonino Saggio: "Google, è la cosa più vicina a Dio e
all'onniscienza, intelligenza, onnipresenza, onnipotenza che abbia mai creato
l'umanità".
Questa espressione del prof. Antonino Saggio, è il frutto di molte esperienze che si compiono
quotidianamente, come ad esempio domandargli le cose come se si chiedessero ad
un "oracolo". Questo fatto di interrogarlo è divertente e tra le cose
straordinarie che può fare è di riconoscere le immagini, e in particolare da
dove provengono, attraverso google
immagini. Al 95% ci azzecca sempre e quindi è anche in grado di leggere una
immagine raster. Tra le altre qualità
vi è google traduttore, capace di
tradurre interi siti in tempo reale ed altre ancora. Ma dove è Google? La
risposta è dappertutto, ovviamente: cellulari, pc, gioielli tecnologici. Google
continua a crescere e teoricamente si espande in quanto le informazioni che
vengono immesse in esso sono in continuo aumento. Google ricorda le azioni
degli utenti, personalizza le ricerche e intuisce gli interessi individuali
sponsorizzando dei link appositi. Le strade del signore sono infinite. In che
senso posso applicare questo dogma all'informatica? Se per comunicare da un
punto A ad un punto B, ogni volta si percorrono strade differenti caratterizzate
dalla minore resistenza offerta dalla rete o del sistema informatico in cui
rimbalza. Google ha più di una centinaia di uffici centrali, dove si guadagna
di media circa 100.000 dollari pro-capite all'anno e chi vi lavora ha una età
di 23- 24 anni in media. I luoghi di lavoro sono fortemente caratterizzati
dall'elemento ludico, in modo quasi paradossale (amache, biliardi, sala prove,
bigliardino, palle gonfiabili, caminetti fiancheggiati da armature medievali, flipper,
foreste incantate, gusci di lavoro colorati e vivaci, mensa gratuita, etc.).
Per capire il perché di tutto questo e come si fa a produrre ricchezza, bisogna
entrare nell'ottica della situazione lavorativa e capire il perché
dell'esistenza di questi luoghi giocosi ed amichevoli. La presenza di questi
ambienti di relax di vario tipo, che intervalla le postazioni concepite come un
open space, è motivata dal semplice fatto che, questo apparente "giardino
dei balocchi", è un luogo dove tutto si fa in funzione di produrre e dare
il massimo. Uno di questi uffici, dove chi vi lavora ha l'aspetto
dell'adolescente un po' cresciuto, è a Milano. A differenza di alcuni laboratori
di ricerca o istituti scientifici (che conservano il diritto della scoperta o
invenzione), Google ha apportato la modifica che l'innovazione o scoperta effettuata
dal dipendente può fruttare una certa aliquota percentuale nei confronti di chi
la esegue, cioè lui stesso. Attraverso questo meccanismo, le università sono
diventate molto ricche, in quanto la persona addetta non lavora nell'ottica
salariale, ma attraverso la capitalizzazione delle proprie energie al fine di
perseguire ed incentivare l'innovazione vincente. Le
persone lavorano su una quota parte del lavoro su progetti aziendali, mentre
una altra quota parte (minima) è libera e si basa sul fatto che le persone
comunicano tra di loro e a poco a poco fanno nascere delle idee da sottoporre a
delle verifiche aziendali. Se funzionano, diventano dei veri e propri progetti
Google, il profitto di chi l'ha generata si reifica in un percentuale. Negli
spazi di gioco e relax (apparentemente dediti esclusivamente ad attività
ludiche o alla coltivazione di hobby personali), si cementa una sorta di
spirito di gruppo tra individui del personale. La curiosità consiste anche sul
come si programmano e si costruiscono questi spazi? La logica è la stessa di
quella che si basa sulla realizzazione di un prodotto aziendale. Tornando ai giochi, potremmo
dire che essi sono presenti, in quanto progetti nati dal basso, sotto diretta
volontà di un certo gruppo che ha in comune piccole esigenze inizialmente
assomiglianti a dei capricci, ma che dopo (attraverso un sostegno
dell'organizzazione) si rivelano dei catalizzatoridi idee e creatività, sia per i prodotti base
che quelli secondari, perseguendo lo scopo di diventare dei veri e propri
progetti.
E' assunto ormai che noi ci troviamo dentro
un ambito di cambiamento di paradigma (epoca dell'informazione), basato sulla
accelerazione di qualità e fondato sull'organizzazione, trasformazione,
formazione e diffusione dell'informazione. Ci piaccia o non ci piaccia, bisogna
rendersi conto di questa cosa e, dunque, rendersi conto che molti dei valori
aggiunti legati ad un qualsiasi bene, sono strettamente legati a tale processo
e alla mutevole organizzazione della società. In questo ambito è sempre
possibile avere delle posizioni eclettiche diverse, però è chiaro che la
collettività si muove verso una certa direzione, ed è difficile non rendersene
conto o affrontarlo in maniera critica. Per cambiare discorso, andiamo a Piazza
Farnese e guardiamo il celeberrimo Palazzo (fortemente significativo del
periodo rinascimentale) che la domina e domandiamogli: "Tu, Palazzo
Farnese, nella tua essenza, che cosa vuoi trasmetterci"? E' ben difficile
che il palazzo non ci risponda attraverso una frase di questo tipo:" Io
esisto in quanto rappresento". Il momento della rappresentazione di un
potere (economico, religioso, oligarchico) è fortemente connaturato con l'idea
stessa di architettura in quella fase storica, anzi, l'architettura
(ovviamente) è ristretta all'interno un a serie di fatti in cui il momento
della rappresentazione è cruciale. Quando andiamo a vedere, invece, l'edificio
del Bauhaus di Gropius e gli domandiamo allo stesso modo:"Ma tu, Bauhaus,
dov'è che ti poni. Qualè la tua essenza"? Un edificio dell'epoca del
funzionalismo, non può che rispondere tautologicamente:" Non è affatto
vero che io esisto in quanto rappresento, anzi della mia rappresentanza non me
ne importa quasi nulla. Io esisto in quanto funziono". Questa risposta è
di tipo (potremmo osare) industriale e si materializza su una società di questo
tipo, cioè quella industriale, dove si assegna ad una macchina una determinata
funzionalità e passa in secondo piano qualsiasi altro aspetto. In sintesi, quando vediamo
una architettura che si inserisce nel mondo contemporaneo (dominato
dall'informazione, soprattutto come valore economico) e gli poniamo la stessa
identica domanda, probabilmente una risposta plausibile potrebbe essere:
"Io esisto in quanto informo". Intendiamo dire che una delle ragioni
che è alla base di molte scelte in architettura, è quella di partecipare ad un
grande mondo in cui il valore primario è la comunicazione e quindi
l'informazione. L'esempio della cipolla (bene primario legato al suolo) è stato
analogamente citato in questa lezione proprio a tale proposito. Lo stesso
discorso vale per altri tipi di beni non primari, ad esempio un orologio.
Sidney Opera House (Bilbao)
Oggi
nessuno comprerebbe un orologio perché funziona, ma magari lo preferisce rispetto
ad un altro per altri motivi legati alla personalizzazione, valori informativi,
narrativi etc., legati ad una serie di altri ragionamenti sempre più
individuali, oltre a quelli del funzionamento. Architettonicamente, avviene un
forte fenomeno di unione tra forma e funzione, a partire dalla seconda metà
degli anni '50. L'opera in esame è la Sidney Opera House di J. Utzon, la quale
rappresenta un documento storico in cui accade per le prime volte questo
ragionamento (almeno a questa scala). La macchina deve essere il più possibile
funzionante e se la mia logica è del tipo macchinista, io non mi pongo il
problema della forma, in quanto essa si rivela quasi automaticamente. Insomma,
in questo caso, ogni scelta formale deriva da una scelta funzionale. Se invece
mi creo il problema del partecipare, relativo all'attribuzione di valore
informativo e comunicativo, vado a rompere per primo il nesso tra forma e
funzione. Con l'utilizzo di vari sistemi a guscio, Utzon si libera totalmente
dalle scelte formali dagli assunti funzionali. Questo sentire, che nasce in
lui, diventa sempre più evidente alla fine degli anni '80 e a partire dai '90.
Per aspettarsi la nascita di un vero e proprio filone, deve avvenite un'altra
vera e propria rottura: l'arrivo del post-moderno.
La pubblicità
Triumph (1921-1930)
Mentre un approccio basato sul funzionamento,
tende a voler creare un linguaggio quanto più possibile "logico" (in
cui esiste un piccolissima possibilità di equivoco), quanto più un approccio
che incentra il soggetto verso il momento della comunicazione e della
narrazione, fa il gioco opposto, richiamando la grande sfera delle figure
retoriche tucur. La figura, è dunque un elemento di natura sintetica, che
permette di procedere per salti logici, mentre un approccio analitico è più
simile ad un approccio di tipo matematico (1 + 1 = 2). Se si ragiona
diversamente, si arriva a capire che cosa succede nel mondo della comunicazione
di oggi. Per esempio, basta guardare delle pubblicità, che rappresentano un
esempio fortemente indicativo in questa direzione. Per esempio, se guardiamo una
pubblicità degli anni '20, si osserva che esse sono molto simili ad un
catalogo, in cui vengono narrate oggettivamente le caratteristiche primarie di
quel determinato prodotto o il funzionamento. Tale processo viene automaticamente
contraddetto in un messaggio pubblicitario di oggi, in cui il valore è
completamente ribaltato verso degli assunti che mirano alla comunicazione quasi
pura, tralasciando l'aspetto funzionalista del prodotto. Davanti ad alcune
pubblicità, oggi, non riusciamo neanche a capire che cosa vendono. Questo è
indice che si è automaticamente esclusi dal targhet che gli ideatori cercano di
individuare. Si suppone che: chi riesce a capire intuitivamente il tipo di
prodotto pubblicizzato, ricada nella cerchia di ipotetici consumatori (anche
sotto forma di un'aliquota minima) o al limite di chi riesce ad apprezzarne
tutte le varie sfaccettature legate all'essenza del prodotto stesso. La quasi
totalità della collettività, può benissimo ignorare il tipo di pubblicità
proposta, o magari per una determinata ragione, afferrarne il suo concetto base
e tutte le sottocategorie che definirei "ancillari" o di contorno.
Riallacciandoci al discorso iniziale, scopriamo che di analitico non c'è nulla
in alcune pubblicità di oggi, anzi si gioca molto sulle figure retoriche. Esse
attraggono una certa categoria di utenti che hanno in comune un determinato
atteggiamento di risposta (seppure variabile a sua volta, spesso di poco) nei
confronti di un determinato messaggio pubblicitario. Questo è frutto di una
interpretazione personale che in alcuni casi porta ad intuire equivocamente
alcuni messaggi, che invece sono mirati. Ci piaccia o no, l'intenzione di chi
opera alla fonte di queste strategie, punta in questa direzione. La figura è
soggetta ad interpretazioni molteplici o infinite e, questo non vuol dire che
non sono indirizzate, anzi l'opposto. In alcuni casi, la pubblicità non svela
nemmeno quale prodotto è in esame, forse alla fine della presentazione lo si
intuisce. L'oggetto della vendita non è il prodotto, ma la sua narrazione e che
cosa si può rivelare all'interno della sua essenza o esistenza. Se la
pubblicità riesce a catturare l'attenzione di chi è interessato verso quel
prodotto, probabilmente si favoriràil
suo acquisto.
Gli esempi infiniti di pubblicità
Pubblicità borsa Byblos
Pubblicità valigia Spalding
Gli esempi di pubblicità su rivista proposti
a lezione sono due, uno riguarda il prodotto "valigia" e l'altro il
prdotto "borsa". Ma andiamo ad analizzarli singolarmente, perchè
l'intuizione dell'oggetto di fondo del tentato suggerimento per gli acquisti,
non è così scontato, come si può notare. La prima immagine è forte e ci ricorda
il film di Bruno Ganz (Il cielo sopra Berlino), ma anche se questo non è il
concetto principale, l'intenzione è mirata volutamente (forse) proprio a
quell'immagine di un uomo alato su un'altura che guarda la città o il paesaggio
verso il basso. Poi, se andiamo a osservare sotto un secondo livello questa
pagina in bianco e nero, scopriamo uno slogan o motto: "for frequent
flyers only", che suona come un gioco di parole, ovviamente in inglese e
non sto quì a spiegarne il perchè, è scontato. Questa frase indirizza lo
sguardo mentale al concetto del volatore (apparso in primo livello attraverso
l'immagine) e dice:" solo per gli aviatori frequenti". Finalmente, se
non sei stato in grado di capire, grazie alla lettura della marca in oggetto
(scritta volutamente con piccoli caratteri), cioè la Spalding, si arriva al
tipo di prodotto pubblicizzato: la valigia. Ora si ricollega il tutto. Tale messaggio,
già individua un targhet di viaggiatori, in particolare i frequentanti gli
aeroporti, i quali, all'atto del vedere quella gigantografia che fluttua o si
imprime sulle pareti degli scambi aeroportuali, possono essere attratti (in
maniera più o meno accattivante) da quella scena o prodotto. L'altra pagina
pubblicitaria invece, ritrae a primo impatto, un corpo dalla resa materica
apparentemente metallica, che potrebbe rivelarsi tutt'altro: un corpo di donna
ad esempio, un tubo schiacciato, un tessuto solamente, etc. Ma che cosa va ad
arricchire il concetto? Una risposta potrebbe esserci fornita dalla mela
(simbolo della tentazione e della figura femminile) sul palmo di una mano di
cui non si intuisce neppure il sesso (che appare in basso a sinistra), oppure
quello che sembra una sostanza liquida o viscosa dalla quale il corpo metallico
sembra emergere, oppure ancora dal fuoco sullo sfondo e posizionato sul terzo
medio superiore - sinistro. Solo guardando l'immagine più a fondo possiamo
capire (forse)che su tratta di una pubblicità di una borsa Byblos.
Esempio personale
Vi propongo anche questa pubblicità
attraverso questo video di recente concezione, dove si capisce gradualmente
(parlo per me) che cosa si pubblicizza, solo dopo aver narrato tutto ciò che
sta intorno al mondo degli occhiali da sole. Il marchio Persol viene dichiarato nel messaggio pubblicitario attraverso un flash finale. Non potevano ometterlo.
Guardate!
Ora, parliamo di
architettura ora
Frank Owen Gehry
Pianta del Museo Guggenheim (Frank Owen Gehry)
La torre che si incunea sotto il ponte
Museo Guggenheim (Bilbao)
La nascita di un oggetto così rilevante come il
Museo Guggenheim di Bilbao, sancisce uno snodo molto significativo
dell'architettura degli ultimi decenni, in quanto se ne può parlare sotto vari
punti di vista. Esistono vari principi su cui estrapolare commenti critici, ma
in particolare noi ci soffermiamo su uno di essi. Mentre notiamo con interesse
che, nel contesto Guggenheim, è abbastanza evidente che il momento informativo,
comunicativo, narrativo, metaforico, alimentano un interesse a grande scala, rispetto
a contesto Bauhaus, ci domandiamo se questo è buono o è cattivo. Mies Van Der Rohe (che analogamente si
rapportava alla presenza del mondo industriale, a differenza di noi)) considererebbe ininfluente tale
questione, cioè,il problema (rispetto a
delle modifiche del quadro operativo), non importa se è buono o cattivo perché
oramai ci si è già calati dentro. Il vero problema è come (all'interno di un
sistema di valori in incremento, in cui la comunicazione è fondamentale) il progetto
coinvolge la società attuale (quella che per dato di fatto appartiene alla
cosiddetta terza ondata). Quindi, il fatto che edifici contemporanei giochino
il loro incremento di valore e la loro rilevanza su temi di impatto informativo
e metaforico, fa parte del gioco. Che ci piaccia o no, dobbiamo saperlo ad ogni costo.
Daniel Liberskind
Museo Ebraico (Berlino)
Pianta del museo Ebraico (Berlino)
La facciata e i suoi tagli (Museo Ebraico)
Analogo ragionamento potremmo farlo per
l'opera di Daniel Liberskind: il Museo ebraico di Berlino. Il progetto è del
1988 e ed il museo si inaugura nel '99. In questo caso è evidente che tutta una
serie di elementi architettonici si giocano sul piano evocativo, narrativo,
simbolico, metaforico. Attenzione, facciamo una piccola banalizzazione del
concetto: una cosa è considerare questi aspetti su un'opera di questo calibro,
mentre è tutt'altra cosa fare la stessa operazione per un edificio a forma di
hamburgher. Entrambi nutrono dei valori di comunicazione, ma il problema è il
"come". Nel primo caso abbiamo uno spessore della ricerca anche
metaforica, informativa, etc., di ben altro livello rispetto al banale edificio
a forma di panino. Detto ciò, tornando al Museo Guggenheim di Bilbao, è interessante da
questo punto di vista., la presenza di un elemento verticale limitrofo
(assimilabile ad una torre) che incentra gli spazi funzionali del museo, si
rivela per alcuni architetti, fulcro di alcuni ragionamenti. Essa può apparire
come un elemento gratuito, dalla funzione inspiegabile. Il gioco si fa diverso
se si interpreta tutto l'insieme dell'edificio all'interno della parola
"cattedrale". Questa lettura della cattedrale è una forma di interpretazione
abbastanza realista da applicare e, si materializza sotto forma di parti
dell'oggetto complessivo. In fondo, è un edificio a transetto con un atrio
centrale (dal ruolo di vortice spaziale, funzionale e simbolico) che gemina
delle braccia laterali, e che lancia alla città una serie di segnali tramite la
sua massa, articolazione e, sia (quasi paradossalmente) trasmette un caos
caratterizzato dal disordine spaziale che (al contrario) si rivela totalmente
funzionale e sistemico con una serie logiche ed aspetti, anche immateriali. La
torre svolge appieno la retorica appena descritta e questo, nasce dal suo
emergere (come punto di riferimento per la collettività) e dalla sua capacità
di essere scorta dal lungofiume (una delle vie di approccio) e dall'asse
principale della città diBilbao, che ha
segnato la trasformazione della città stessa, a partire dal suo passato
industriale (legato al fiume) a città del terziario e dell'informazione. Quindi
i valori aggiunti di questo oggettolo
rendono un oggetto, figura chiave e catalizzatore, non solo in architettura, ma
nell'economia della città Spagnola. Realmente si scopre che questa opera,
genera dei veri e propri pellegrinaggi di centinaia di migliaia di persone
all'anno, che cercano di sondare il mondo contemporaneo.
Steven Holl
Museo Kiasma ad Helsinki (Steven Holl)
Pianta Museo Kiasma
Museo Kiasma ad Helsinki (Steven Holl)
Nel libro Architettura
e Modernità si parla non solo di questa opera, ma anche dell'opera Kiasma ad
Helsinki di Steven Holl, che rappresenta un condensato di tutti i discorsi
appena affrontati. Si parla anche qui di architettura marsupiale. Che cosa si
intende dire? Si intende dire che l'informazione gioca a tanti livelli e si
intreccia con l'edificio (inteso come grosso contenitore di tanti ingredienti
della contemporaneità). Il progetto si basa sull'utilizzo di una metafora o
figura, in quanto Holl analizza questo ambito urbano (caratterizzato dalla
presenza di edifici di diversa natura, come la presenza della ferrovia,
dell'edificio del Parlamento Neoclassico, di alcune opere di Alvar Aalto,
etc.). L'intreccio qui si fa forte e si materializza con un fenomeno metaforico
che coinvolge due corpi sostanziali che seguono due direttrici, proprio
intrecciandosi. Ma Holl non si ritiene soddisfatto di dire intreccio, e vuole
trovare una cosa che abbia maggiori echi. La visione appena descrittasi forma nel campo visivo di chi osserva
questo edificio, attraverso un intreccio che tecnicamente si chiama Kiasma.
Quindi, anche in questo caso, il trasferimento metaforico applicato
dall'architetto, si rivela la fonte primaria legata all'ideazione del progetto.
Ovviamente tutti questi ragionamenti non sarebbero mai balzati nella mente di
Walter Gropius, il quale ricercava spesso elementi architettonici con pura
somiglianza riferita alla macchina e al funzionamento. Oggi il mondo si muove
tramite delle coordinate totalmente diverse e queste intenzioni mentali (di
carattere quasi cibernetico) vengono applicate anche nel contesto dell'analisi
della complessità urbana. Il gruppo di progettazione, dovendogli dare un nome,
gli diedero Kiasma, la parola che sottende un motto ben fondato su molti
livelli. La direzione del museo, decise così di adottare il nome Kiasma anche
per intitolare il museo.
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